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OLI SANTI E SEGNI DEI TEMPI

Omelia per la Messa Crismale

Cattedrale di Altamura

Mercoledì Santo, 12 aprile 2017


Sorelle e fratelli carissimi,
eccoci qui, Chiesa di Dio che è in Altamura-Gravina- Acquaviva delle Fonti, convocati dalla liturgia della Messa Crismale e convenuti in comunione fraterna, per vivere ancora una volta l’esperienza dell’incontro con il Signore, nell’ascolto della Parola e nella frazione del Pane. Le porte di questa nostra Cattedrale, rinnovata dai recenti lavori che ce l’hanno restituita più luminosa e più splendente, si sono spalancate, per lasciarci entrare come Popolo di Dio, regale e sacerdotale, dono fattoci dal Signore Gesù, per cantare la Sua gloria e la Sua potenza e per orientare verso di Lui, Alfa e Omega, Principio e Fine, tutta questa nostra storia.

Sono particolarmente felice di salutarvi con affetto fraterno, fratelli Vescovi Mario e Giacinto, fratelli Presbiteri e Diaconi, Religiose, giovani Seminaristi, Comunità parrocchiali, Associazioni e Movimenti e di vivere con voi questa straordinaria Eucaristia, nella quale consacrerò il Crisma (anche quest’anno reso più intenso nel suo profumo dal bergamotto inviatoci dalla Diocesi di Locri-Gerace) e benedirò l’Olio dei Catecumeni e degli Infermi (frutto degli ulivi del “Miulli”, segno di comunione con tutti coloro che soffrono). In questa stessa Celebrazione, vi inviterò a manifestare tutta la gratitudine, affettuosa ed orante, verso i nostri Presbiteri, che rinnoveranno le promesse fatte nel giorno dell’Ordinazione Presbiterale. Giunga, infine, il nostro abbraccio anche a quanti, grazie alle riprese televisive di CANALE 2 e TELEMAJG, partecipano da casa – in particolare famiglie, anziani e ammalati – e sono qui spiritualmente presenti.

Gesù e i segni del …suo tempo
Volgiamo il nostro sguardo a Colui che, qui in mezzo a noi, «con i segni della passione vive immortale» (Prefazio Pasquale III), il Signore, e ascoltiamone la voce, “senza indurire il nostro cuore”, consapevoli che solo l’ascolto della Sua Parola ci consentirà di comprendere la misteriosa bellezza e profondità del Suo amore. Immaginiamo di essere anche noi nella sinagoga di Nazaret, di seguire con attenzione i gesti di Gesù, che riceve e srotola il libro di Isaia, ne legge un brano poetico e drammatico allo stesso tempo, riavvolge il rotolo, lo consegna all’inserviente, si siede e, mentre gli occhi di tutti sono puntati su di Lui, pronuncia parole mai udite fino ad allora: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4, 21).

“Questa Scrittura”, cioè una straordinaria lettura, da parte di Gesù, dei “segni dei tempi” indicati “nei poveri, nei prigionieri, nei ciechi e negli oppressi”, ai quali era stato inviato da Dio, nella presenza dello Spirito Santo, per portare la buona notizia, la liberazione, la vista e la libertà.  Dunque, situazioni drammatiche, che non indussero Gesù a rassegnarsi, ad imprecare e a mettersi a capo di rivoluzioni violente, ma a rendersi docile e obbediente al Padre, perché – “unto” da Lui – annunciasse un tempo di grazia, un tempo provvidenziale, per versare sulle ferite dell’umanità «l’olio della consolazione e il vino della speranza» (Prefazio Comune VIII).

Colgo, nel brano evangelico di questa Messa, una provvidenziale coincidenza con l’itinerario ecclesiale che ci siamo proposti in quest’Anno Pastorale e che vede la nostra Comunità ecclesiale leggere, alla luce del Vangelo, i “segni” del nostro tempo, non meno problematici e drammatici quanto a povertà, ad emarginazione, ad oppressione e a cecità. E, dunque: perché siamo venuti questa sera, qui, per la Messa Crismale? Per fare il “pieno” – permettetemi l’immagine – di oli, se pur benedetti e consacrati, destinati ad una sacramentalizzazione, che non lascia poi traccia alcuna di Vangelo e di vita cristiana in noi e attorno a noi? O siamo qui, per prendere coscienza di essere anche noi, ciascuno di noi, inviati dallo Spirito di Gesù ad annunciare coraggiosamente che, nonostante tutto, “questo è un bel tempo per essere cristiani!”? Soffrendo e “lottando” contro tutto ciò che “resiste” alla forza del Vangelo (Olio dei Catecumeni), “bene-dicenti” e “attraenti” nella testimonianza fedele e gioiosa a Cristo (Olio del Crisma), pieni di tenerezza, di premura e di delicata attenzione per quanti incontriamo con “cuori spezzati” e corpi abbattuti dalla sofferenza o dalla malattia (Olio degli Infermi).

Gli oli sono qui, in queste anfore; su di essi scenderanno, invocate dalla Chiesa, la benedizione e la consacrazione di Dio e diventeranno come sorgenti inesauribili di grazia, a cui attingeremo, per portarli nelle nostre Comunità e accoglierli con commozione domani sera, nella Messa della Cena del Signore.  Perché la Chiesa diventi, come questi oli, sempre più bella e luminosa; perché possa diffondere, lungo il suo cammino nella storia (nelle case e nelle famiglie, nelle strade e nelle piazze, nei luoghi di lavoro), il profumo del Vangelo e, nell’essere attraente, indicare a questa umanità il Suo Maestro e Signore, Gesù Cristo, compimento pieno e gioioso di ogni attesa e di ogni speranza.

I Presbiteri …uomini di Dio, consacrati e inviati
Ed ora, sorelle e fratelli, permettetemi di rivolgere il mio sguardo – ma invito a rivolgere anche il vostro – sui Presbiteri, su “i nostri preti”, che tra qualche momento rinnoveranno, come già vi dicevo all’inizio, le promesse fatte davanti al Vescovo, che li ordinava, e davanti al Popolo di Dio, nelle quali espressero la volontà di servire la Chiesa e la promessa di filiale obbedienza al Vescovo. Carissimi fratelli – ma anche …figli e padri! – miei e nostri, giunga a tutti e a ciascuno di voi un affettuoso abbraccio: a voi, Presbiteri diocesani e religiosi qui presenti, e a quanti non lo sono per motivi di salute o di anzianità, ma che ricordiamo con uguale affetto fraterno.

Nell’anno trascorso, uno ci ha lasciati, don Oronzo Simone (9 settembre 2016) (che il Signore lo abbia in Paradiso), ma la Provvidenza del Signore ci ha fatto dono di tre nuovi e giovani Presbiteri: don Carlos Federico Palacios Giliberti (19 settembre 2016), don Donato Goffredo e don Fabrizio Caponio (5 gennaio 2017). Siano rese grazie al “padrone della messe”, per l’invio di nuovi operai nella messe della nostra Diocesi!
Vi dico e vi diciamo, subito e semplicemente, grazie! Immagino che, nel vostro cuore e sulle vostre labbra, siano affiorate le parole del Vangelo: «Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili (achrèioi). Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”» (Lc 17, 10). Ma queste parole di Gesù nulla sottraggono ai doverosi sentimenti di gratitudine, che io per primo vi rivolgo, conoscendo – e non da oggi, e nemmeno da tre anni e qualche mese, dall’inizio del mio ministero in questa Diocesi – la vostra generosità e disponibilità. Permettetemi, oggi, di non fare grandi discorsi sull’identità o sulla crisi del prete, o riflessioni, pur interessanti, su come pensare ad un rinnovamento dei nostri presbitèri, sulla spiritualità, sulla fraternità e via discorrendo. Vi chiedo semplicemente che la memoria del giorno in cui avete incontrato il Signore, incrociato il Suo sguardo e ascoltato una voce “seducente” (tanto per dirla con il profeta Geremia), “… mi ami tu? Seguimi!”, non vada “archiviata”: no, perché essa è radice sempre viva del vostro ministero.

Quelle mani, consacrate e profumate dal Crisma, intrecciatele da fratelli e portatele ogni giorno, idealmente, alle vostre narici e verificate – non importa se da mesi o da decenni nel ministero – se quell’olio e quel profumo continuano ad essere senza scadenza. Continuate, con quelle mani, ad aprire la Sacra Scrittura, a consacrare il pane e il vino, a profumare “i segni dei tempi”, persone ed eventi che, se pur in modo misterioso e incomprensibile, ci raccontano della presenza del Signore nella nostra storia.

Continuate ad amare quella porzione di Chiesa a voi affidata e, attraverso la vostra esemplarità, educatela ad essere “un cuor solo ed un’anima sola”, con perseveranza e …con pazienza! E voi, carissimi fratelli e sorelle, continuate a voler bene a questi “uomini di Dio”, ma uomini cui non dispiace sentirsi voluti bene, stimati, accolti e anche compresi, se qualche loro atteggiamento crea disagio o dispiacere. Non “inzuppate” il pane della maldicenza, del sospetto, della lamentela o del pettegolezzo nella relazione umana, spirituale e pastorale con i “vostri” preti, perché con loro deve intrecciarsi, al contrario, un rapporto di serenità, di gioia, di dialogo, per edificare una Comunità  ecclesiale, nella quale sentirsi come a casa propria, come in una bella famiglia.


Con questi sentimenti, riprendiamo ed inoltriamoci in questa Liturgia Eucaristica e rendiamo grazie al Signore, perché anche quest’anno non verrà meno l’Olio dell’esultanza, il Pane della condivisione e il Vino della gioia. Intercedano per noi, come sempre umilmente e fiduciosamente domandiamo, la Vergine Maria, Madre della Chiesa, e tutti i nostri Santi Patroni.

Amen! Così sia!


 Giovanni, vescovo