La diocesi di

ALTAMURA-GRAVINA-ACQUAVIVA DELLE FONTI
(Altamurensis-Gravinensis-Aquavivensis)*[1]

 

a cura di Don Vincenzo Panaro
Cancelliere Vescovile

 

La diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, suffraganea dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto, è stata eretta il 30 settembre 1986, con Decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi[2], mediante la piena unificazione della Diocesi di Gravina (sec. IX; unita ad Irsina il 27 giugno 1818 e successivamente distaccata l’11 ottobre 1976) e delle Prelature nullius di Altamura (1232) e di Acquaviva delle Fonti (eretta ed unita ad Altamura il 17 agosto 1848).

Riconosciuta civilmente con Decreto del Ministro dell’Interno n. 51 del 31 gennaio 1987, pubblicato nel supplemento straordinario della Gazzetta Ufficiale del 7 marzo 1987, è stata iscritta nel Registro delle Persone Giuridiche presso la Prefettura di Bari il 25 giugno 1987 al n. 217; Codice Fiscale: 94500270726.

Si estende su una superficie di 1.309 Kmq., conta una popolazione di circa 170.000 abitanti, distribuita in 40 Parrocchie. Comprende 6 Comuni:

  • in Provincia di Bari: Altamura, Gravina in Puglia, Acquaviva delle Fonti, Santeramo in Colle, Poggiorsini;
  • in Provincia di Barletta-Andria-Trani: Spinazzola.

 

CONGREGAZIONE PER I VESCOVI 

DECRETO

circa la piena unione
delle circoscrizioni ecclesiastiche di
GRAVINA, ALTAMURA e ACQUAVIVA DELLE FONTI

 

Prot. 934/86

In ottemperanza alle disposizioni del Concilio Ecumenico Vaticano II, relative ad una più adeguata strutturazione delle circoscrizioni ecclesiastiche (cf. C.D. 22-23), la Congregazione per i Vescovi – che già durante il Pontificato di Giovanni XXIII di f.m., guidata dalle sue direttive, aveva dato inizio allo studio di questo problema – tempestivamente sottopose all’attenzione dei Vescovi italiani la questione circa la revisione delle diocesi in Italia.

Successivamente, per disposizione del Sommo Pontefice Paolo VI di f.m., questa stessa Congregazione, d’accordo con la Conferenza Episcopale Italiana e con la sua fattiva collaborazione, da più di vent’anni ha svolto una graduale e progressiva opera per predisporre un nuovo ordinamento delle diocesi italiane, comunemente ritenute troppo numerose e non tutte efficienti per l’esiguità del territorio, del numero degli abitanti e delle strutture pastorali. In questo processo, il proposito è stato sempre quello di rendere più evidente in ciascuna diocesi la peculiare natura della Chiesa e di mettere il vescovo nella condizione di adempiere meglio e più efficacemente il suo ministero, come è richiesto sempre più dalle necessità religiose, spirituali e morali, nonché dalle trasformazioni in atto della società e della cultura.

Le norme direttive chiaramente impartite dal Concilio circa la revisione delle diocesi; le indicazioni e gli elementi utili alla valutazione dell’azione pastorale forniti dai vescovi ai quali è stato affidato il governo di più diocesi; le richieste da più parti pervenute alla Santa Sede affinché si provvedesse ad una più solida unità di tali diocesi, e magari anche alla loro piena unione, sono stati i motivi che hanno sollecitato un’analisi più approfondita del problema, alla cui soluzione hanno contribuito il Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa, la Nunziatura Apostolica in Italia e la Conferenza Episcopale Italiana.

A rendere più urgente ed opportuna la concretizzazione di questi studi è intervenuta l’entrata in vigore il 3 giugno 1985 delle norme contenute nel nuovo Concordato tra la Santa Sede e il Governo Italiano, in forza delle quali viene stabilito che, d’ora in poi, «la circoscrizione delle diocesi (…) è liberamente determinata dall’autorità ecclesiastica» (art. 3/1 del Concordato del 18 febbraio 1984); inoltre, le diocesi costituite a norma del diritto canonico, potranno acquisire la personalità giuridica nel diritto civile italiano (cf. art. 29 delle Norme approvate con il Protocollo del 15 novembre 1984).

Le conclusioni di tutti questi lavori sono state sottoposte al giudizio del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II il quale, nell’Udienza del 27 settembre 1986, ha approvato i criteri adottati ed ha concesso speciali facoltà alla Congregazione per i Vescovi, affinché potesse procedere alla loro esecuzione e a tutti gli adempimenti necessari.

In forza del criterio generale, in base al quale si stabilisce che vengano unificate le circoscrizioni ecclesiastiche finora affidate alla cura pastorale di un solo Vescovo, con il presente Decreto, la Congregazione per i Vescovi stabilisce la loro piena unione anche per la diocesi di Gravina e le prelature di Altamura e di Acquaviva delle Fonti.

  • La diocesi, così ristrutturata, avrà la sede nella città di Altamura, dove l’attuale Chiesa Prelatizia viene elevata alla dignità di Chiesa Cattedrale.
  • La denominazione della diocesi sarà la seguente: «Diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti».
  • L’attuale Chiesa Cattedrale della città di Gravina e l’attuale Chiesa Prelatizia della città di Acquaviva delle Fonti assumeranno il titolo di Concattedrali, a memoria delle loro nobili ed antiche tradizioni.
  • Si avrà un unico Capitolo Cattedrale, che pertanto sarà il Capitolo della Chiesa Cattedrale della sede vescovile. Il Capitolo della Chiesa Cattedrale di Gravina ed il Capitolo della Chiesa Prelatizia di Acquaviva delle Fonti prenderanno i nomi di Capitoli Concattedrali.
  • Altrettanto unica sarà la Curia Vescovile, come anche il Tribunale ecclesiastico, il Seminario, il Collegio dei Consultori, il Consiglio Presbiterale, il Consiglio Pastorale, l’Istituto per il sostentamento del clero, gli organismi di apostolato e tutte le altre istituzioni diocesane previste dal vigente diritto canonico, fatta salva la potestà del Vescovo di rimuovere dalla sede della diocesi e trasferire altrove alcuni uffici amministrativi.
  • I Santi Patroni delle singole circoscrizioni ecclesiastiche che sono state unificate, saranno venerati come Patroni della nuova diocesi.
  • I sacerdoti e i diaconi, che finora erano incardinati in una delle circoscrizioni ecclesiastiche unite, d’ora in poi debbono ritenersi incardinati nella nuova diocesi nata dall’unione.
  • La nuova diocesi deve includere e comprendere nel suo ambito i territori che attualmente appartengono a ciascuna delle circoscrizioni ecclesiastiche unite.
  • Insieme al territorio delle parrocchie che finora appartenevano alle singole circoscrizioni ecclesiastiche unite, debbono ritenersi annessi alla nuova diocesi anche le istituzioni ecclesiastiche, con il patrimonio e i diritti in qualunque modo loro spettanti, a norma del can. 121 del vigente Codice di Diritto Canonico.
  • Affinché vi sia continuità dei confini della nuova diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, l’intero territorio del comune di Santeramo in Colle viene distaccato dall’arcidiocesi di Bari-Bitonto ed annesso in perpetuo alla suddetta diocesi.

Padre e Pastore nel governo della diocesi continuerà ad essere l’Eccellentissimo e Reverendissimo Mons. Tarcisio Pisani, Vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, cui la Congregazione per i Vescovi conferisce il mandato di dare esecuzione alle predette disposizioni, con tutte le facoltà necessarie.

Eseguito il mandato, lo stesso Eccellentissimo Presule rediga i documenti, che avrà cura di trasmettere al più presto a questa stessa Congregazione in copia autentica, nonostante qualunque cosa in contrario.

Egli stesso, inoltre, si adopererà nel presentare tutto ciò, perché tale provvedimento, rettamente compreso nel suo vero significato, sia accolto da tutti con animo sereno e pronto affinché, come è giusto, la nuova diocesi possa diventare una comunità capace di tradurre in testimonianza di vita il Regno di Dio e propagarlo sempre di più.

 

Dato a Roma, dal Palazzo della Congregazione per i Vescovi, il 30 settembre 1986.

 

X Bernardin Card. Gantin
Prefetto

X Lucas Moreira Neves, O.P.
Arcivescovo tit. di Feradi Maggiore
Segretario

 

NOTA STORICA[3]

Tra le tre città principali, che compongono l’attuale Diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, il primato dell’antichità sembrerebbe spettare a Gravina, dove i cronisti riconoscono l’esistenza di una sede vescovile già a partire dal secolo IX: lo testimonia la presenza al Sinodo di Pontion (876) di un tale Leone, indicato come vescovo di Gravina. In realtà, Leone non fu il primo vescovo gravinese; prima di lui, le fonti storiche ricordano un certo Pietro, presente alla consacrazione di papa Adriano II (14 dicembre 867), che resse la sede episcopale fino all’872 circa.

Secondo diversi autori, nell’antica Acquaviva esisteva già una sede vescovile, le cui prime attestazioni risalirebbero addirittura al V secolo d.C. Infatti, nel Sinodo Romano del 463 intervenne un certo Paolino, vescovo di Acquaviva. Altri presuli dello stesso luogo sono ricordati come presenti al Concilio di Roma del 487 e a quelli del 499, 502 e 503. Dell’antica sede vescovile non si hanno più notizie a partire dal secolo IX, quando il locus Aquavive fu conquistato e distrutto dai longobardi nell’871. Tuttavia, la semplice testimonianza dei cronisti, non supportata al momento da una documentazione probante, lascia ancora insoluta la questione.

 

Il vescovado di Gravina

Verso la fine del secolo IX, l’Italia meridionale fu terreno di riconquista da parte dell’Impero bizantino, grazie alla politica espansionistica voluta e sostenuta dall’imperatore Basilio I (867-886), che cessò solamente nella seconda metà del secolo XI, con la vittoria definitiva dei Normanni.

In questo periodo, nella Puglia salentina i vescovadi di Otranto e Gallipoli erano da diverso tempo alle dipendenze del patriarca di Costantinopoli; il primo era stato elevato ad arcivescovado, ma senza diocesi suffraganee, e fu autocefalo fin dai tempi dell’imperatore Leone VI (886-912).

Nel 968, Niceforo II Foca (963-969), volendo procedere ad una “bizantinizzazione” di tutte le Chiese poste nei suoi domini in Italia, autorizzò il patriarca di Costantinopoli Polieucto a creare una nuova provincia ecclesiastica greca, ordinando a tutte le istituzioni ecclesiastiche, tramite lo stesso patriarca, di celebrare i sacri riti secondo la liturgia greca, vietando quella latina: in tal modo, l’arcivescovo autocefalo di Otranto divenne metropolita, avendo come suffraganei i vescovi di Acerenza, Tursi, Gravina, Matera e Tricarico.

Sul finire del secolo X, giunsero a Gravina i primi gruppi di monaci benedettini, che si stabilirono nel territorio circostante, dove – nel breve volgere di alcuni anni – crearono dei piccoli centri agricoli. L’insofferenza dei monaci greci, che già abitavano le grotte della gravina, nei confronti dei nuovi venuti, i quali diffondevano il rito latino ed erano molto ben visti dalla gente del luogo, innescò una serie di contrasti, che sfociarono in aperti e violenti scontri, cui partecipò la popolazione in aperta ribellione antibizantina. Con la presenza dei benedettini, Gravina abbandonò l’antica cattedrale di S. Michele Arcangelo nelle grotte della lama e ne costruì una nuova, nel rione Fondovico, dedicandola a San Giovanni Battista, con annessa badia.

Nell’anno 999, però, la città subì il feroce saccheggio dei Saraceni: la cattedrale e l’adiacente palazzo vescovile furono distrutti e la sede vescovile, rimasta vacante, ritornò all’obbedienza dell’imperatore di Costantinopoli, sotto il governo dell’arcivescovo di Otranto, dove rimase fino al 1054, anno dello scisma definitivo tra la Chiesa d’Oriente e quella d’Occidente. Nel 1066 fu assoggettata alla Chiesa di Acerenza, secondo quanto disposto dalla Bolla di papa Alessandro II.

Con la conquista dell’Italia meridionale da parte dei Normanni, nel 1069 Gravina fu liberata dall’oppressivo governo bizantino da Roberto il Guiscardo e concessa in feudo a suo nipote, Abecelardo, figlio di Unfrido. L’anno successivo, però, colpito Abecelardo da accusa di fellonia, il territorio gli fu tolto e assegnato ad Accardo, padre di quell’Unfrido che diverrà signore di Gravina e che, con le sue cospicue donazioni, non solo farà rinascere il feudo ricevuto, ma ripristinerà nel 1091 la sede vescovile, dotandola di beni sufficienti per la vita di un vescovado. Tuttavia, dovette passare diverso tempo, prima che alla sede episcopale gravinese fosse nominato un nuovo Pastore: si tratta del vescovo Guido, presente alla consacrazione della chiesa dedicata a San Michele Arcangelo in Montescaglioso (29 settembre 1099), insieme ai vescovi Librando di Tricarico, Gerardo di Potenza e Amuri di Mottola.

 

La Chiesa palatina di Acquaviva

Al secolo XI si fa risalire la nascita della Chiesa di Acquaviva, fondata come cappella personale per espressa volontà del signore normanno di quel territorio, Roberto, figlio di Guglielmo Gurguglione (Serguglione per gli storici locali). Questi, sottraendola alla giurisdizione dell’arcivescovo di Bari, la dotò di beni fondiari e, riservandosi il diritto di nomina, pose a capo un arciprete di nome Andrea.

Ad Andrea ne succedettero altri due, che godettero liberamente dei privilegi ricevuti con la fondazione; l’esenzione dall’ingerenza dell’arcivescovo barese – cui si consentiva sporadicamente la visita, ma solo come jure communi – fu solennemente confermata dall’arcivescovo Andrea III, con Bolla del 26 marzo 1221.

 

La Chiesa palatina di Altamura

Federico II di Svevia, re di Sicilia e imperatore del Sacro Romano Impero, edificò a proprie spese la chiesa di Altamura, su un territorio – rimasto spopolato per diversi secoli – che egli aveva riportato nell’ambito del demanio, curandosi del suo ripopolamento attraverso la diffusa e antica pratica della revocatio, sottraendolo così a quelle realtà feudali normanne esistenti prima della sua ascesa al trono, vale a dire i vicini centri di Gravina, Bitetto e Matera. Tale Chiesa egli la dichiarò esente da qualsiasi giurisdizione vescovile e arcivescovile, dipendente solamente dal sovrano, che nominava gli arcipreti, e dalla Santa Sede. Così, con documento del febbraio 1232, Federico II nominava primo arciprete di Altamura Riccardo da Brindisi (1232-1249), il quale, nel 1248, in un periodo di forti tensioni tra lo stesso imperatore e il papa Innocenzo IV, forse preoccupato di salvaguardare le sue prerogative e quelle della Chiesa di cui era arciprete, ottenne dal papa il riconoscimento della fondazione della cappella palatina di Altamura e i privilegi consessi dal sovrano, tra cui l’autonomia dall’autorità vescovile e arcivescovile.

Con l’avvento degli Angioini, iniziarono subito a verificarsi gravi contrasti tra gli arcipreti di Altamura e i vescovi di Gravina. In particolare, il vescovo Giacomo (1256-1266), dichiarando che il territorio di Altamura ricadeva sotto la sua giurisdizione e che sia il documento di Federico II, sia la Bolla di Innocenzo IV erano stati falsificati dagli altamurani, cercò di impossessarsi della limitrofa arcipretura, facendo valere il suo diritto di visita. A tale pretesa si oppose fermamente l’arciprete di Altamura, Palmiro de Viana (1260-1263), che ricorse al re Carlo I d’Angiò, il quale – dopo aver fatto esaminare attentamente la questione e valutare le ragioni avanzate da entrambe le parti – gli diede ragione, riconoscendo autentica e valida la creazione della Chiesa palatina altamurana. A tale decisione non si oppose neanche papa Clemente IV, il quale – a seguito di un’inchiesta a carico del vescovo Giacomo – il 14 ottobre 1266 destituì il presule, lasciando vacante la diocesi di Gravina per oltre un decennio.

Nel 1283, però, il nuovo vescovo della chiesa gravinese, Pietro (1280-1283), non tenendo in alcuna considerazione l’esito della precedente vertenza, tornò a far valere le sue ragioni presso il sovrano. Ci volle tutta la determinazione dell’arciprete Pietro de Lysarchiis (1280-1283), per impedire un tale abuso e un’aperta violazione dello ius patronatus di cui godeva la Chiesa di Altamura.

Dopo qualche anno, il nuovo vescovo di Gravina, Giacomo II (1294-1308), ricorse al re, pretendendo di esercitare sulla Chiesa di Altamura i diritti di ordinario diocesano, che gli erano impediti e contestati dall’arciprete Dionigi Juppart (1293-1294).

Per sottrarre l’arcipretura di Altamura alle continue ingerenze dei vescovi di Gravina, Carlo II d’Angiò la unì in perpetuo al Tesorierato di San Niccolò di Bari, ordinando – sotto gravi pene – di riconoscere come arciprete il Tesoriere di San Niccolò, Pietro de Angeriaco (1296-1308). Saranno le testimonianze rese nel lungo processo giurisdizionale (1299-1301) a far luce sull’intricata vicenda e sulla scomparsa dei documenti del 1232 e 1248, incautamente consegnati dall’arciprete Dionigi Juppart al vescovo Giacomo e da questi fatti definitivamente sparire. Il processo terminò con un accordo tra il vescovo di Gravina e l’arciprete di Altamura: Giacomo riconobbe la regia collazione della Chiesa fondata da Federico II, promettendo di non promuovere altre liti contro l’arciprete e i suoi successori, mentre il de Angeriaco giurò di non ingerirsi nell’amministrazione vescovile.

A riaprire un nuovo contenzioso con l’arciprete altamurano Rostaino (1313-1328) fu il vescovo Nicola (1322-1335), il quale, nel 1330, ritornò ad avanzare le sue antiche pretese. La vertenza fu chiusa dall’intervento del re Roberto d’Angiò, che fece valere i suoi diritti sulla Chiesa palatina di Altamura, riconoscendone l’autonomia dall’autorità vescovile.

 

Le Chiese di Gravina, Acquaviva e Altamura tra XV e XVII secolo

Alla morte del vescovo Luciano (1381), la diocesi di Gravina rimase senza Pastore fino al 1386, quando si scatenò una lotta, che vide contrapposti il vescovo Nicola de Madio, eletto dall’antipapa Clemente VII il 7 febbraio di quell’anno e un tal Filippo, nominato da papa Urbano VI: il primo fu costretto a dimettersi dopo pochi giorni, mentre il secondo resse la diocesi fino al 1395.

La designazione dei vescovi proseguì senza soluzione di continuità fino al 1411, anno della morte del vescovo Ruggero de Longobardis (1402-1411). Il papa Giovanni XXII provvide subito alla nomina del successore, designando un frate dell’Ordine dei Minori Osservanti, Enrico Dasmani (1411-1426), che pare non abbia mai preso possesso della diocesi.

Tale situazione, che lasciò di fatto vacante la sede, indusse il duca Francesco I Orsini ad obbligare il Capitolo e tutti gli ecclesiastici a riunirsi, per raggiungere un accordo. Fu chiesto a papa Martino V che fosse nominato vescovo di Gravina l’arcidiacono Giovanni Roberto Santorio, eletto dallo stesso Capitolo. Il papa accettò tale designazione, che ratificò il 13 giugno 1429. Questo, però, creò un pericoloso precedente: da quel momento, infatti, il clero gravinese credette di essere un suo diritto quello di eleggere il vescovo. La questione fu risolta con la nomina – nel 1447 – di un Amministratore Apostolico, nella persona dell’arcivescovo di Taranto, Marino Orsini.

Nel momento in cui sembrava profilarsi all’orizzonte un periodo di pace e di tranquillità, un tremendo terremoto, nella notte tra il 4 e il 5 dicembre 1456, rase al suolo fin dalle fondamenta la cattedrale di Gravina; stessa sorte toccò all’annesso episcopio e al vicino castello detto degli Altavilla.

Quanto all’arcipretura di Acquaviva, dopo più di due secoli, nel 1452 l’arcivescovo di Bari, Francesco Ayello (1424-1453), tentò nuovamente di annullare la sua autonomia, dichiarando unilateralmente apocrifa la Bolla del suo predecessore Andrea III e declassando la Chiesa da palatina a ricettizia. Il clero fece ricorso presso papa Niccolò V, il quale incaricò il vescovo di Bisceglie, Giacomo, di inquisire sulla questione e di ripristinare l’autonomia dell’arcipretura, nel caso in cui fosse stata appurata la violazione dei suoi privilegi. Il solerte vescovo Giacomo rigettò qualunque pretesa dell’arcivescovo barese, ristabilendo tutti i diritti goduti fino ad allora dalla Chiesa di Acquaviva.

Il XV secolo si mostrò favorevole alla Chiesa palatina di Altamura.

Nel 1442, il signore feudale della città, Giovanni Antonio Orsini del Balzo, riuscì a sottrarre l’arcipretura di Altamura al Tesorierato di Bari, restituendole l’autonomia e gli antichi diritti, tra cui quello di nominare l’arciprete; scelta che cadde sull’abate Pietro di Gargano (1442-1454).

Nel 1482, la città fu concessa nuovamente in feudo a Pirro del Balzo. Tre anni dopo, l’arciprete altamurano Francesco Rossi (1477-1527), sostenuto dal feudatario, ottenne da papa Innocenzo VIII, con Bolla del 23 settembre 1485, il privilegio che elevava l’arcipretura a collegiata insigne, con un aumento considerevole dei capitolari; inoltre, concedeva all’arciprete gli jura episcopalia, cioè di portare il rocchetto, impartire la solenne benedizione, conferire gli ordini minori, esercitare la superiorità e il diritto di punire i sacerdoti, fregiarsi delle insegne vescovili; nella stessa Bolla, veniva riconosciuto ad Altamura il titolo di “città”.

Il secolo XVI si contraddistinse per una fervente attività edilizia, che interessò le tre cattedrali di Gravina, Acquaviva e Altamura.

La nomina del nuovo vescovo di Gravina, Pietro Matteo d’Aquino (1482-1508) e il sostegno datogli dal duca Francesco II Orsini, dai nobili, dall’università e da numerosissimi cittadini, determinarono la ricostruzione della cattedrale e il recupero di quei pochi frammenti architettonici e di fabbrica che il terremoto del 1456 aveva risparmiato.

Anche Acquaviva dovette affrontare il problema di urgenti interventi alla fabbrica della sua maggior chiesa. Nel 1505, papa Giulio II nominò arciprete Cesare Lambertini, già vescovo di Isola, il quale, trovando ormai cadente la chiesa, iniziò nel 1529 una serie di lavori, che portarono alla costruzione di un edificio più grande del precedente e con un’altra area di culto a livello inferiore. Le opere terminarono nel 1594. Durante questi anni, si verificarono di nuovo gli ennesimi tentativi da parte dell’arcivescovo di Bari di annullare i privilegi goduti dall’arcipretura acquavivese.

In Altamura, a partire dal 1521, si registrarono grandi spese per la ripresa dei lavori di completamento della nuova area presbiteriale della chiesa dell’Assunta. Quest’opera, iniziata dall’arciprete Francesco Rossi, non fu portata a compimento da lui per la sopravvenuta morte nel 1527, in seguito alla pestilenza che colpì la città; fu il prelato altamurano Niccolò Sapio (1529-1548) a portare a compimento le grandi opere iniziate dal suo predecessore. Alla sua morte, avvenuta nel 1548, il Capitolo volle usurpare al sovrano il diritto di nomina, facendo cadere la scelta del nuovo arciprete su un altro altamurano. Vincenzo d’Avila de Salazar, però, che aveva atteso ben sette anni per prendere possesso dell’arcipretura che gli spettava, non fu disposto a rinunciare: nel 1550 la occupò con la forza delle armi, facendo abbattere la porta della chiesa, che il Capitolo prepotentemente gli aveva chiuso in faccia. A lui si deve la costruzione della seconda torre campanaria e l’apposizione dei tre stemmi sulla facciata (quello di Carlo V d’Asburgo, quello di Pietro da Toledo e il suo), con una lunga iscrizione che ricorda le tappe storiche della prelatura nullius.

Il Seicento vide riacuirsi le tensioni tra l’arciprete di Acquaviva e l’arcivescovo di Bari. I due cardinali, incaricati dalla Santa Sede di risolvere il contenzioso, si pronunciarono il 6 aprile 1601, convalidando e riconoscendo la legittimità dell’autonomia della Chiesa acquavivese e imponendo il “perpetuo silenzio” all’arcivescovo di Bari. Tuttavia, nonostante un’altra sentenza a favore dell’arcipretura di Acquaviva da parte di papa Innocenzo XII del 16 giugno 1692, gli arcivescovi di Bari continuarono nel loro atteggiamento di ostilità e di sfida. Il 26 novembre 1694 la Rota Romana, non tenendo conto delle sentenze precedenti, stabilì che – “per consuetudine” – spettasse al ricorrente e ai suoi successori il diritto di ordinare Primiceri e conferire benefici e canonicati vacanti nella chiesa di S. Eustachio di Acquaviva, mentre all’arciprete era riconosciuta la giurisdizione nelle cause civili, ma non in quelle criminali. Nonostante le proteste, l’anziano arciprete Bernal, incarcerato per inosservanza delle sentenze, affinché fosse rimesso in libertà, dovette firmare a Modugno nel 1696 la rinuncia alle sue prerogative e a quelle della sua Chiesa: l’arcipretura di Acquaviva perdeva, così, la sua autonomia e cadeva sotto la giurisdizione degli arcivescovi di Bari.

Anche la Chiesa di Altamura, negli ultimi anni del secolo, fece fronte ad una nuova stagione di attacchi alla sua autonomia da parte dei vescovi gravinesi. Iniziò, grazie anche all’appoggio dei pontefici Clemente VIII prima e Paolo V dopo, una delle vertenze più violente che la storia ecclesiastica di Gravina e Altamura ricordi. L’arciprete Giovan Girolamo de Mari (1585-1624) si oppose con tutto il clero e il popolo. Il vescovo di Gravina, Vincenzo Giustiniani (1593-1614), nel 1601 lanciò l’interdetto contro Altamura e la sua Chiesa, che nel 1605 fece convertire in scomunica dall’intransigente papa Paolo V. Il de Mari, recatosi a Roma per sostenere le ragioni della sua Chiesa, fu arrestato e imprigionato nelle carceri pontificie, dove rimase per lungo tempo. Tutte le mediazioni, cui si ricorse per fare annullare l’interdetto, non sortirono alcun effetto.

Morto Giustiniani, si riaccesero gli scontri tra i sostenitori del suo successore, Agostino Cassandra (1614-1623), e gli uomini di Altamura: numerosi furono gli sconfinamenti territoriali, le aggressioni, i ferimenti, i furti e le carcerazioni da entrambe le parti. Tale stato di grave tensione durò fino al 1622, quando, con l’elezione di papa Gregorio XV, fu tolta la scomunica. Da questo momento in poi, i signori di Altamura, i potenti Farnese, gli amministratori locali e il popolo, cercarono di far elevare l’arcipretura nullius a sede episcopale; tuttavia, ogni tentativi fatto non ottenne alcun risultato, a causa dell’opposizione del vescovo gravinese e l’intransigenza della Santa Sede.

 

Nel secolo dei Lumi

Nel Settecento la sede episcopale di Gravina rimase vacante per circa dieci anni (1708-1718). L’assenza di un Pastore provocò incresciosi episodi di rilassatezza – di ordine morale e civile – tanto da richiedere l’intervento di Roma, che nominò Visitatore Apostolico il cardinale Pietro Francesco Orsini, arcivescovo di Benevento. La cronotassi dei vescovi gravinesi riprese con la designazione del milanese Cesare Francesco Lucino (1718-1725), per interrompersi nuovamente nel 1730-1731 e 1790-1792.

Le Chiese di Acquaviva e Altamura, invece, dopo varie peripezie, si videro finalmente riconoscere l’antica natura giuridica, ma i problemi con gli ordinari vicini non cessarono.

All’epoca dell’arcivescovo di Bari Gennaro Adelmo Pignatelli (1770-1777), il clero di Acquaviva riuscì ad ottenere nuovamente l’autonomia dalla diocesi barese: il cappellano maggiore, infatti, sentenziò che la Chiesa di Acquaviva era di regio patronato e palatina e l’arciprete fu riconosciuto prelato nullius. Stessa decisione era già stata presa per la Chiesa di Altamura, con la Bolla Convenit di papa Benedetto XIV.

Gli altamurani, abbandonate definitivamente le speranze di veder elevare la loro Chiesa a sede vescovile, per evitare che in futuro i vescovi della vicina Gravina potessero nuovamente pretendere di esercitare gli iura episcopalia, chiesero e ottennero dalla Santa Sede che i loro arcipreti ricevessero, dopo la nomina regia, anche la consacrazione episcopale. A seguito di tale concessione, il 29 gennaio 1798 papa Pio VI nominò l’arciprete di Altamura, Gioacchino de Gemmis (1783-1818), vescovo di Listra in partibus infidelium.

 

Tra Ottocento e Novecento

Mentre le Chiese di Acquaviva e Altamura, superando le rispettive difficoltà, si preparavano a compiere un cammino comune, la diocesi di Gravina perdeva la sua autonomia.

Papa Pio VII, trovando vacante la sede vescovile di Gravina dal 1806 al 1818, decise di unirla aeque principaliter, con Bolla De utiliori Dominicae Vineae del 27 giugno 1818, a quella della vicina Montepeloso (Irsina), inviando a governarle il vescovo Cassiodoro Margarita (1818-1850).

Con la medesima Bolla, il papa comprendeva la Chiesa di Altamura tra le cinque dichiarate espressamente nullius, e quindi esenti da ogni giurisdizione vescovile. Tuttavia, il Concordato sottoscritto nel 1818 tra il Regno di Napoli e la Santa Sede riaprì nuovamente la secolare questione della natura nullius della Chiesa di Acquaviva, dando esecuzione ad un articolo segreto di un’altra convenzione, stipulata nel 1741, che stabiliva, invece, la soppressione delle prelature nullius: sicché, quella di Acquaviva fu soppressa e posta sotto la giurisdizione della diocesi di Bari[4].

Nel 1828, dopo secoli di dura contrapposizione, la diocesi di Gravina e la prelatura di Altamura si trovarono riunite sotto la guida di un unico pastore: Ferdinando I di Borbone nominò Amministratore della Chiesa altamurana il vescovo di Gravina e Montepeloso, Cassiodoro Margarita. L’attività pastorale di questo presule durò ben venti anni (1828-1848), lasciando un ricordo molto positivo nelle tre comunità affidate alla sua cura pastorale.

Il 17 agosto 1848, papa Pio IX, con Bolla Si aliquando, unì aeque principaliter le due Chiese palatine di Acquaviva e Altamura, stabilendo la sede dell’arciprete in quest’ultima cittadina e riconoscendo al sovrano il diritto di nomina e di collazione del prelato. Le due prelature godettero dei privilegi del loro status fino all’11 febbraio 1929, quando, con i Patti Lateranensi, smisero di essere palatine, per dipendere esclusivamente dalla Santa Sede. Gravina, invece, rimarrà unita a Montepeloso fino all’11 ottobre 1976.

Le strade delle prelature di Altamura e di Acquaviva e della sede episcopale di Gravina furono diverse fino al 1973, quando il vescovo Michele Giordano, già Amministratore Apostolico della diocesi gravinese, fu nominato nel medesimo incarico anche per le altre due prelature.

Il vero e proprio cammino unitario è iniziato il 30 settembre 1986, con l’erezione della nuova circoscrizione ecclesiastica: la diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti.

 

Cronotassi

dei Vescovi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti

 

  1. Tarcisio PISANI, om (30 settembre 198614 marzo 1994)

Nato a Morano Calabro (Diocesi di Cassano all’Ionio) il 15 luglio 1929.  Ha emesso la Professione Solenne nell’Ordine dei Minimi l’8 dicembre 1950. Ordinato Presbitero il 28 novembre 1954.
Eletto Vescovo di Gravina e Prelato di Altamura e Acquaviva delle Fonti il 28 giugno 1982.

Ordinato Vescovo il 12 settembre 1982 da S.E. Mons. Lucas Moreira Neves, Arcivescovo tit. di Feradi Maggiore e Segretario della Congregazione per i Vescovi, essendo Conconsacranti S.E. Mons. Aurelio Sorrentino, Arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, e S.E. Mons. Guglielmo Motolese, Arcivescovo di Taranto.

Nominato Vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti il 30 settembre 1986. È deceduto il 14 marzo 1994.

Sede vacante: Mons. Giuseppe Lofrese, Amministratore Diocesano (15 marzo 1994[5] – 19 novembre 1994)

 

  1. Agostino SUPERBO (19 novembre 1994 – 6 agosto 1997)

Nato a Minervino Murge (Diocesi di Andria) il 7 febbraio 1940. Ordinato Presbitero per la Diocesi di Andria il 29 giugno 1963. Eletto Vescovo di Sessa Aurunca il 18 maggio 1991.

Ordinato Vescovo il 29 giugno 1991 da S.E. il Card. Michele Giordano, Arcivescovo di Napoli, essendo Conconsacranti S.E. Mons. Mariano Magrassi, Arcivescovo di Bari-Bitonto, e S.E. Mons. Raffaele Calabro, Vescovo di Andria.

Trasferito ad Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti il 19 novembre 1994. Nominato Assistente Ecclesiastico Generale dell’Azione Cattolica Italiana il 18 maggio 1996, ha rinunciato al governo pastorale della Diocesi il 6 agosto 1997.

 

  1. Mario PACIELLO (6 agosto 1997 – 15 ottobre 2013)

Nato a Barcellona Pozzo di Gotto (Arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela) il 26 ottobre 1937. Ordinato presbitero per la Diocesi di Foggia il 30 giugno 1963. Eletto Vescovo di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti il 20 luglio 1991.

Ordinato Vescovo il 29 settembre 1991 da S.E. Mons. Giuseppe Casale, Arcivescovo di Foggia-Bovino, essendo Conconsacranti S.E. Mons. Pietro Santoro, Arcivescovo di Campobasso-Boiano, e S.E. Mons. Felice Leonardo, Amministratore Apostolico di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti.

Trasferito ad Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti il 6 agosto 1997. Ha rinunciato al governo pastorale della Diocesi, per raggiunti limiti d’età, il 15 ottobre 2013.

 

  1. Giovanni RICCHIUTI (15 ottobre 2013 – )

Nato a Bisceglie (Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie) il 1 agosto 1948. Ordinato Presbitero per la Diocesi di Bisceglie il 9 settembre 1972. Eletto Arcivescovo di Acerenza il 27 luglio 2005.

Ordinato Vescovo l’8 ottobre 2005 da S.E. Mons. Francesco Monterisi, Arcivescovo tit. di Alba Marittima e Segretario della Congregazione per i Vescovi, essendo Conconsacranti S.E. Mons. Giovan Battista Pichierri, Arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, e S.E. Mons. Michele Scandiffio, Amministratore Apostolico di Acerenza.

Trasferito ad Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, conservando ad personam la dignità e il titolo di Arcivescovo, il 15 ottobre 2013.

 

Cronotassi
dei Vescovi di Gravina[6]

 

  1. Pietro (867-872)
  2. Leone (876)
  3. Guido (1099)
  4. Orso (o Ursone) (1146-1155)
  5. Guido II († 1156)
  6. Roberto († 1179)
  7. Tommaso (1189-1215)
  8. Samuele (1215-1244)
  9. Pantaleone († 1256)
  10. Giacomo (1256-1266)

Sede vacante (1266-1280)

  1. Pietro II (1280-1283)
  2. Palmerio (1283-1286)
  3. Nicola del Madia (1287-1291)
  4. Giovanni (1291-1294)
  5. Giacomo II (1294-1308)

Sede vacante (1308-1311)

  1. Francesco (1311-1318)

Sede vacante (1318-1322)

  1. Nicola II (1322-1335)
  2. Riccardo Caracciolo (1335-1343)
  3. Andrea (1343-1345)
  4. Tancredi (1345-1348)
  5. Bernardo de Coccio de Limosano (1349-1350)
  6. Giovanni de Gallinario (1350-1372)
  7. Luciano (1373-1381)

Sede vacante (1381-1386)

  1. Filippo (1388-1395)
  2. Francesco Bonaccursi (1395-1400)
  3. Antonio de Rossi (1400-1402)
  4. Ruggero de Longobardis (1402-1411)
  5. Enrico Dasmani (1411-1420: Amministratore; 1420-1426: Vescovo)
  6. Giovanni Roberto Santorio (1426-)
  7. Gerardo († 1429)
  8. Enrico II (1429-)
  9. Simeone (?)
  10. Antonio de Rainaldis († 1447)

Sede vacante (1447-1473): Marino Orsini, Arcivescovo di Taranto, Amministratore Apostolico

  1. Giacomo de Appiano (1473-1482)
  2. Pietro Matteo d’Aquino (1482-1508)
  3. Antonio Brancati (1508-1518)
  4. Luca de Rainaldis (1518-1552)
  5. Giovanni Angelo Pellegrino (1552-1568)
  6. Francesco Bosio (1568-1574)
  7. Gastone Ettore Paganello (1574-1575)
  8. Giulio Ricci (1575-1581)
  9. Antonio Maria Manzolio (1581-1593)
  10. Vincenzo Giustiniani (1593-1614)
  11. Agostino Cassandra (1614-1623)
  12. Giulio Sacchetti (1623-1626)
  13. Arcangelo Baldini (1626-1629)
  14. Arcasio Ricci (1630-1636)
  15. Filippo Cansacchi (1636-1644)
  16. Domenico Cennini (1645-1684)

Sede vacante (1684-1686)

  1. Domenico Valvassorio (1686-1689)
  2. Marcello Cavalieri (1690-1705)
  3. Luigi Capuano (1705-1708)

Sede vacante (1708-1718)

  1. Cesare Francesco Lucino (1718-1725)
  2. Vincenzo Ferrero (1725-1730)

Sede vacante (1730-1731)

  1. Camillo Olivieri (1731-1758)
  2. Nicola Cicirelli (1758-1790)

Sede vacante (1790-1792)

  1. Michele de Angelis (1792-1806)

Sede vacante (1806-1818)

 

Cronotassi
dei Vescovi di Gravina e Montepeloso (Irsina)[7]

 

  1. Cassiodoro Margarita (1818-1850)
  2. Francesco Saverio Giannuzzi Savelli (1851)
  3. Mario de Luca (1852-1855)
  4. Raffaele Morisciano (1855-1858)
  5. Alfonso Maria Cappetta (1859-1871)
  6. Vincenzo Salvatore (1872-1899)
  7. Cristoforo Maiello (1899-1906)
  8. Nicola Zimarino (1906-1920)

Sede vacante (1920-1922)

  1. Giovanni Maria Sanna (1922-1953)
  2. Aldo Forzoni (1953-1961)
  3. Giuseppe Vairo (1962-1971)

Sede vacante (1971-1975): Michele Giordano, Vescovo tit. di Lari Castello e Ausiliare di Matera (1971-1974), Arcivescovo di Matera (1974-1976), Amministratore Apostolico

 

Cronotassi
dei Prelati di Altamura[8]

 

  1. Riccardo da Brindisi (1232-1249)
  2. Niccolò Barbara (1250-1259)
  3. Palmiro de Viana (1260-1263)
  4. Giovanni Correnti (1264-1266)
  5. Niccolò de Catamarra (1267-1270)
  6. Chierico Giovanni (1271-1275)
  7. il figlio del giudice Ademario di Trani (1276-1277)
  8. Guglielmo de Corbolio (1278-1279)
  9. Pietro de Lysarchiis (1280-1283)
  10. Roberto de Lusarchiis (1284)
  11. Chierico Giovanni (1284-1292)
  12. Abate Giovanni (1292)
  13. Dionigi Juppart (1293-1294)
  14. Guglielmo de Venza (1295-1296)
  15. Pietro de Angeriaco (1296-1308)[9]
  16. Umberto di Montauro (1308-1313)
  17. Rostaino (1313-1328)
  18. Humfredo (1328-1329)
  19. Pietro de Moreriis (1329-1335)
  20. Giovanni Niccolò de Moreriis (1336-1350)
  21. Dionigi de Merlino (1350-1376)
  22. Guglielmo Gallo (1377-1394)
  23. Pietro d’Anfilia (1394-1399)
  24. Antonio de Berleth (1400-1420)
  25. Antonio della Rocca (1420-1442)
  26. Pietro di Gargano (1442-1454)
  27. Antonio d’Ayello (1454-1471)
  28. Antonio del Giudice (1472-1477)
  29. Pietro Miguel (1477)
  30. Francesco Rossi (1477-1527)[10]
  31. Fabio Pignatelli (1528)
  32. Niccolò Sapio (1529-1548)
  33. Vincenzo d’Avila de Salazar (1550-1557)
  34. Vincenzo Palagano (1557-1579)
  35. Maurizio Moles (1579-1580)
  36. Giulio Moles (1580-1586)
  37. Giovan Girolamo de Mari (1586-1624)

Sede vacante (1624-1627)

  1. Rodrigo d’Anaya y Guevara (1627-1634)

Sede vacante (1634-1640)

  1. Alessandro Effrem (1640-1644)

Sede vacante (1644-1649)

  1. Giovanni Montero Olivares (1649-1656)
  2. Giuseppe Cavalieri (1656-1664)
  3. Pietro Magri (1664-1688)
  4. Niccolò Abbrusci (1689-1698)
  5. Baldassarre de Lerma (1699-1717)
  6. Michele Orsi (1718-1724)
  7. Damiano Poloù (1724-1727)
  8. Antonio de Rinaldis (1727-1746)
  9. Marcello Papiniano Cusani (1747-1753)
  10. Giuseppe Mastrilli (1753-1761)
  11. Bruno Andrisani (1761-1775)
  12. Celestino Guidotti (1775-1783)
  13. Gioacchino de Gemmis (1783-1818)[11]
  14. Federico Guarini[12] (1818-1828)

Sede vacante (1828-1848): Cassiodoro Margarita, Vescovo di Gravina e Montepeloso, Amministratore Apostolico

 

Cronotassi
dei Prelati di Altamura e Acquaviva delle Fonti[13]

 

  1. Giandomenico Falconi (1848-1862)[14]

Sede vacante (1862-1879)

  1. Luigi Marcello Pellegrini (1879-1889)[15]
  2. Tommaso Cirielli (1889-1902)[16]
  3. Carlo Caputo (1902-1904)[17]
  4. Carlo Giuseppe Cecchini, op[18] (1904-1909)
  5. Adolfo Verrienti[19] (1910-1929)

Sede vacante (1929-1932): Augusto Curi, Arcivescovo di Bari, Amministratore Apostolico

  1. Domenico Dell’Aquila[20] (1932-1942)

Sede vacante (1942-1943): Marcello Mimmi, Arcivescovo di Bari, Amministratore Apostolico

  1. Giuseppe Della Cioppa[21] (1943-1948)
  2. Salvatore Rotolo, sdb[22] (1948-1962)
  3. Antonio D’Erchia[23] (1962-1969)

Sede vacante (1969-1975): Enrico Nicodemo, Arcivescovo di Bari, Amministratore Apostolico (1969-1973); Michele Giordano[24], Amministratore Apostolico per Altamura (1973-1975); Giacomo Palombella[25], Delegato Apostolico ad omnia” per Acquaviva delle Fonti (1973-1977)

 

Cronotassi

dei Vescovi di Gravina e Prelati di Altamura e Acquaviva delle Fonti[26]

 

  1. Salvatore Isgrò (1975-1982)[27]
  2. Tarcisio Pisani, om (1982-1986)

[1] Pubblicato in: Diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, Annuario Diocesano – Agenda Pastorale 2019, pp. 12-30; Annuario Diocesano – Agenda Pastorale 2020, pp. 12-30; Annuario Diocesano – Agenda Pastorale 2021, pp. 12-30.

[2] Cfr. AAS 79 (1987), 715-718. Il Decreto di esecuzione, a firma di S.E. Mons. Tarcisio Pisani, è dell’11 febbraio 1987.

[3] Cfr. G. Pupillo, Le Chiese di Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti nel loro sviluppo storico, in: Diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, Ufficio Comunicazioni Sociali e Cancelleria Vescovile (a cura di), Quaderni del Sinodo 7, Grafiche Grilli, Foggia 2012, pp. 9-48.

[4] Tra il 1818 e il 1833, in Terra di Bari furono soppresse ben cinque diocesi. Inoltre, gli effetti del Concordato furono molto più vasti in tutta la Puglia, dove le diocesi si ridussero di quasi un terzo.

[5] Confermato con Decreto della Congregazione per i Vescovi in data 23 marzo 1994.

[6] Cfr. A. Casino, I Vescovi di Gravina, Molfetta 1982.

[7] Unite aeque principaliter il 27 giugno 1818, con Bolla De utiliori Dominicae Vineae di papa Pio VII. Le due diocesi saranno nuovamente distaccate mediante la Costituzione Apostolica Apostolicis Litteris dell’11 ottobre 1976 di papa Paolo VI: AAS 68 (1976), 641-642.

[8] Cfr. V. Vicenti, I Prelati di Altamura (ed. a cura di D. Denora), Schena Editore, Fasano 1987.

[9] Fu il primo Prelato ad essere, al contempo, anche Tesoriere di San Niccolò di Bari. Tale unione durerà fino al 1442.

[10] Fu il primo Prelato ad ottenere il privilegio, con Bolla di papa Innocenzo VIII del 20 novembre 1485, di fregiarsi delle insegne vescovili. La medesima Bolla disponeva che nella chiesa di Altamura vi fossero quattro Dignità: Arcidiacono, Cantore, Primicerio e Tesoriere.

[11] Il 29 gennaio 1798 fu nominato Vescovo tit. di Listra.

[12] Vescovo tit. di Nissa.

[13] Con Bolla Si aliquando del 17 agosto 1848, papa Pio IX eresse la Prelatura nullius di Acquaviva, unendola aeque principaliter a quella di Altamura, rendendole entrambe immediatamente soggette alla Santa Sede.

[14] Il 25 giugno 1858 fu nominato Vescovo tit. di Eumenia.

[15] Il 13 maggio 1881 fu nominato Vescovo tit. di Troade.

[16] Il 12 marzo 1899 fu nominato Vescovo tit. di Proconneso.

[17] Già Vescovo di Monopoli (1883-1886) e di Aversa (1886-1897), il 19 aprile 1897 fu nominato Arcivescovo tit. di Nicomedia.

[18] Vescovo tit. di Alicarnasso.

[19] Vescovo tit. di Calinda.

[20] Vescovo tit. di Listra.

[21] Vescovo tit. di Tiberiade.

[22] Vescovo tit. di Nazianzo, già Ausiliare di Velletri (1937-1948).

[23] Vescovo tit. di Podalia.

[24] Vescovo tit. di Lari Castello e Ausiliare di Matera (1971-1974), Arcivescovo di Matera (1974-1976).

[25] Già Vescovo di Muro Lucano (1946-1951) e di Calvi e Teano (1951-1954), Arcivescovo di Matera (1954-1974).

[26] Unite in persona Episcopi.

[27] Per Acquaviva delle Fonti: 1978-1982.