Il profumo del Popolo di Dio – Omelia Messa Crismale

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Il profumo del Popolo di Dio – Omelia Messa Crismale

Omelia per la Messa Crismale
Cattedrale di Altamura, Mercoledì Santo 16 aprile 2014

Sorelle e fratelli carissimi,

Essere Chiesa significa essere Popolo di Dio, in accordo con il grande progetto d’amore del Padre. Questo implica essere il fermento di Dio in mezzo all’umanità. Vuol dire annunciare e portare la salvezza di Dio in questo nostro mondo, che spesso si perde, che ha bisogno di avere risposte che incoraggino, che diano speranza, che diano nuovo vigore nel cammino. La Chiesa dev’essere il luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo” (Papa Francesco, Evangelii gaudium, 114).

Ho voluto incominciare questa Celebrazione Eucaristica della Messa Crismale, per me la prima in questa Cattedrale di Altamura, non senza un po’ di emozione e di trepidazione, con questa citazione tratta dall’Esortazione apostolica Evangelii gaudium di Papa Francesco, perché questa nostra assemblea liturgica si manifesta in un modo particolare come convocazione speciale della Chiesa – Popolo di Dio.

Saluto tutti e ciascuno di voi, a cominciare da te, carissimo fratello Vescovo Mario, mio predecessore alla guida di questa Chiesa particolare; saluto i Presbiteri diocesani e religiosi (vada il nostro pensiero ai Confratelli assenti per motivi di salute: don Antonio Lorusso, don Diego Carlucci e don Oronzo Simone), i Diaconi, le Religiose, i Seminaristi, le Comunità parrocchiali rappresentate in quest’assemblea dagli Operatori pastorali, le Associazioni, i Movimenti, i Gruppi e le Confraternite, con un gioioso BENVENUTI, che ci vede riuniti per un momento di intenso e rinnovato impegno – davanti a me Vescovo e a tutti voi Presbiteri – ad amare il Signore e a servire la Chiesa nella memoria della propria ordinazione presbiterale.

BENVENUTI, poi, per la suggestiva liturgia della benedizione e consacrazione degli olii che, presentati ai fedeli domani sera nella Messa In Coena Domini del Giovedì Santo, daranno ancora la certezza che al popolo di Dio, lungo il suo cammino, non verrà meno la grazia dei sacramenti.

Un saluto affettuoso, infine, ai nostri amici, anziani e ammalati in particolare, che stanno seguendo questa Celebrazione da casa, attraverso la ripresa televisiva di “Canale 2”.

La Parola e gli olii

Ancora una volta, in questa chiesa, sono risuonate le parole dei brani biblici (Is 61, 1-3.6.8-9; Ap 1, 5-8; Lc 4, 16-21) previsti per questa Messa del Crisma, sulle quali abbiamo professato la nostra fede in Gesù Cristo, che continua a parlare alla sua Chiesa come quel giorno in cui, nella sinagoga di Nazareth, parlò a quanti lo fissavano negli occhi e lo ascoltavano pieni di stupore e di meraviglia.

Increduli e stupiti per quel giovane rabbì, che osava leggere il testo profetico di Isaia, riferendolo esclusivamente alla sua persona: era Lui, dunque, così asseriva mentre riavvolgeva il rotolo, l’Unto dal Signore, su cui s’era posato lo Spirito Santo, per una missione evangelizzatrice e apportatrice di speranza per i poveri e per gli oppressi, di com-passione per i “cuori spezzati” dallo scoraggiamento e dalla rassegnazione, di luce e di libertà per i cercatori di verità e per le vittime di ogni forma di sopraffazione e di violenza.

Ed è questa la missione che il Signore affida alla Chiesa e ad ogni singolo battezzato: in Lui si compie “oggi”, nella nostra storia e nel nostro tempo, quell’annuncio profetico che fa del Vangelo la parola buona rivolta ad ogni creatura umana e dell’azione pastorale un continuo mettersi sul passo degli “ultimi”, un chinarsi sulle loro sofferenze, un tendere la mano per aiutarli a risollevarsi e a ritrovare la speranza.

La prospettiva dell’Apocalisse, nel brano oggi ascoltato, lungi da visioni trionfalistiche del popolo di Dio, orienta il nostro sguardo al Crocifisso, per una confessione di fede in Lui, principio e fine del tempo, per un “battersi il petto” dei crocifissori di ieri e di oggi e per una più profonda consapevolezza della nostra identità di popolo sacerdotale, amato e perdonato dal Signore, perché venga finalmente il suo Regno.

Per adempiere a questa vocazione, la Chiesa invoca, in questa Messa Crismale, lo Spirito Santo perché, con la sua forza, elimini le “ruggini” della contraddizione tra la fede e la vita o della stanchezza nella testimonianza, che possono formarsi quotidianamente nelle sue articolazioni, con la benedizione e la consacrazione degli olii.

Sentiremo quasi il fluire dell’olio su di noi, come quello cantato da Davide nel Salmo, che, “versato sul capo, scende sulla barba di Aronne, … sull’orlo della sua veste” (Sal 133), a tonificare tutta la nostra persona nella lotta contro il male e a lenire le nostre sofferenze.

E si espanderà, poi, in questa nostra Cattedrale, l’intenso profumo (ringraziamo, ancora una volta, come ogni anno, la Diocesi di Locri-Gerace, che fa dono dell’essenza di bergamotto) del Sacro Crisma, perché le fronti, le mani e il capo di noi tutti, battezzati, cresimati o ordinati ministri, lascino dietro di sé la scia di una testimonianza cristiana forte e generosa.

Soltanto così riveleremo la nostra identità di Chiesa, che vive in Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti e nelle altre città che ne fanno parte, messianica e sacerdotale, consapevoli di quello straordinario dinamismo dello Spirito Santo, che ci invia lungo le strade dove i nostri poveri, i nostri “ciechi” e i nostri oppressi ci chiedono di avere per loro uno sguardo di predilezione, un gesto di delicata carità, un orecchio pronto ad ascoltarli.

La rinnovazione delle promesse sacerdotali

Ed ora mi rivolgo a voi, fratelli carissimi nel ministero presbiterale, mentre, come da tradizione liturgica della Messa Crismale, vi accingete a rinnovare, “nel” e “davanti” al Popolo di Dio, quel SÌ che suggellava le risposte alle domande che il Vescovo ordinante poneva nel giorno dell’ordinazione presbiterale.

Per qualche momento, sembrerà che si riaccendano i fari su ciascuno di voi perché, con uguale emozione e trepidazione che i molti o i pochi anni di sacerdozio non hanno attenuato, diciate ancora la disponibilità a seguire il Signore e a servire la Chiesa.

Che cosa posso dirvi, io che non ho messo le mani sul capo di nessuno di voi, ma che da circa quattro mesi sono il vostro Vescovo, se non prima di tutto, a nome mio e delle sorelle e dei fratelli qui presenti, e semplicemente: GRAZIE!

Per ciò che siete, pastori e guide delle nostre comunità, e per ciò fate ogni giorno nel ministero a voi affidato, ne sono certo con gioia, con passione, con dedizione e con infaticabilità.

Ho potuto constatare, nell’incontrarvi a quattr’occhi e come presbiterio e nel farvi visita nel mio primo incontro con le Comunità parrocchiali, il desiderio di stare nel Popolo di Dio con esemplarità e con passione pastorale, nell’intento di edificare autentiche Comunità ecclesiali radunate – prima di ogni altra iniziativa – intorno alla Parola e alla mensa eucaristica.

Non posso che incoraggiarvi ad andare avanti così, vigilando ogni giorno sulla vostra spiritualità e tessendo tra di voi relazioni di autentica amicizia e di bella fraternità presbiterale, che generino stima e aiuto vicendevole.

Più starete insieme come fratelli, più porterete “gli uni i pesi degli altri”, mettendo i “talenti” di ciascuno a servizio degli altri, e più cresceranno l’affetto e la stima vicendevoli.

Mentre vi parlo, penso a quella particolare relazione che si instaura tra il Vescovo e i Presbiteri e viene alla mente quel che scriveva, a tal proposito, Ignazio di Antiochia, e cioè che i Presbiteri, “strettamente uniti al loro Vescovo come le corde alla cetra, gli permettono di fare della Chiesa un inno di lode alla Trinità” (Ad Eph., 4, 1-2).

La preghiera di ordinazione presbiterale vi definisce “preziosi collaboratori”, ed un Vescovo questo lo sa e lo sa bene: egli non può vivere e non può progettare nulla senza i Presbiteri.

Ma è altrettanto vero, e mi sembra quasi superfluo ricordarvelo, cari figli, fratelli e amici, che le corde della cetra, se non sono unite alla struttura musicale, non possono generare una melodia armoniosa e sinfonica.

Camminiamo insieme, dialoghiamo insieme, abituiamoci a condividere e a confrontarci con carità e con verità, lungi da reciproche adulazioni o “captatio benevolentiae”, piuttosto che contraddire, eccepire e polemizzare.

Utopie? Idealismi? Sogni irrealizzabili?

Tutto, io credo, dipenderà dalla memoria grata e commossa di quel giorno o di quel momento in cui ci siamo decisi a seguire il Signore perché attratti – ieri come oggi – da uno sguardo, affascinati da una parola, incuriositi da un misterioso “vieni!” e, infine, pronti ad andare dietro di Lui, liberi da ogni fardello, per gettarci in una avventura che, ne sono certo, ancora oggi e per sempre ci vedrà innamorati di Cristo.

Carissimi fratelli e sorelle, proseguiamo nella bella liturgia di questa Messa Crismale e, dopo aver ascoltato e meditato la Parola, lasciamoci condurre dalle parole e dai segni della consacrazione degli olii, per andare “verso una comunione con Cristo nell’Eucaristia che trasformi la vita” (Evangelii gaudium, 138).

Intercedano per noi Maria, Madre del Signore e Madre della Chiesa, e i nostri Santi Patroni, il cui esempio di santità illumini e accompagni il nostro cammino, perché la loro intercessione “è come ‘lievito’ nel seno della Trinità”, affinché la potenza, l’amore e la lealtà di Dio “si manifestino con maggiore chiarezza” (Evangelli gaudium, 283).

AMEN! COSÌ SIA!

+ Giovanni, vescovo

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