Commento al Vangelo Domenicale

DALL’IMBROGLIO DEL PECCATO ALLA VITTORIA DEL CRISTO

Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto” (Gn 3, 1)

“Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto…»” (Gn 3, 4)
“Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4, 4)

Nella liturgia di oggi vi sono tre parole che danno il senso a questa prima domenica del tempo di Quaresima e suggeriscono riflessioni molto interessanti per l’intero cammino quaresimale. Le tre parole sono: tentazione, peccato e vittoria.

Sono in particolare la prima lettura (Genesi 2, 7-9; 3, 1-7) e il Vangelo (Matteo 4, 1-11) a illustrarci la realtà della tentazione. Se si dovesse fare sintesi di quanto la parola di Dio va dicendo in ordine a questa realtà della vita umana dovremmo usare il termine “imbroglio”. Perché la tentazione è un vero e proprio imbroglio di satana, il nemico dell’uomo. É un imbroglio che si colora di gusto, di benessere, di felicità, di realizzazione. Ma rimane imbroglio e si caratterizza per essere contro l’uomo e la sua autentica felicità e realizzazione. Così è stato per il primo uomo e così è stato per Gesù, se pure con esito diverso. Parlando della tentazione ne parliamo come di una dimensione tipica della vita dell’uomo: lo accompagna dall’inizio alla fine dei suoi giorni. E in sé, non dobbiamo dimenticarlo, ha una componente di grande utilità per la vita dell’uomo. Infatti con la tentazione egli è provato nella sua virtù, realizza una maggiore conoscenza di se stesso e può progredire nella fortezza e nell’intensità della propria vita interiore. Così, mentre la Scrittura ci fa cogliere l’aspetto negativo di imbroglio, racchiuso in ogni tentazione, ci fa anche cogliere l’aspetto positivo di essa, come prova che fortifica la nostra vita.

La seconda parola chiave della liturgia di oggi è “peccato”. Ne fa una stupenda e drammatica descrizione la Genesi, attraverso la narrazione sapienziale della caduta dei progenitori. In quel racconto scopriamo soprattutto che il peccato si configura come radicale rifiuto di Dio e come terribile annientamento per l’uomo. Proprio così: peccare significa non obbedire a Dio, non dare ascolto alla sua parola e alla sua volontà. In questo senso il peccato dell’uomo è sempre rottura, più o meno grave, di un rapporto di amore e di figliolanza. Nello stesso tempo il peccato si rivela come il grande dramma dell’uomo. Lo esprime la Genesi quando afferma che l’uomo si ritrovò “nudo”. Questa nudità esprime il suo annientamento, il suo svilimento umano, il suo ritrovarsi come mai avrebbe immaginato É proprio vero: il peccato abbruttisce l’uomo nella sua umanità. Il peccato è un rischio, un rischio sempre presente nella nostra vita. Si potrebbe dire il vero rischio della vita.
La terza parola di oggi è “vittoria”. E la pagina del Vangelo ce ne parla attraverso la triplice tentazione dalla quale Gesù esce vittorioso. Ciò che più interessa noi è guardare il modo attraverso cui Gesù ha vinto la tentazione. Sappiamo che noi siamo vincitori grazie a Lui, in virtù della sua grazia; e che, dunque, nella misura in cui viviamo in comunione con Cristo siamo vincitori della tentazione e del peccato. Ma Gesù ci ha lasciato anche un esempio che non possiamo lasciare cadere.

Gesù ha vinto ricorrendo alla parola di Dio. Così ci viene insegnato che il nostro affidamento alla parola di Dio, ascoltata, praticata, vissuta in atteggiamento di  abbandono filiale è la grande e invincibile arma che abbiamo disposizione per risultare vittoriosi nel combattimento della tentazione e nella lotta al peccato.

Fabio Duarte, dje
Seminarista di V° Teologia