Commento al Vangelo Domenicale

Due esistenze a confronto…

Potenza della preghiera! Oggi abbiamo a che fare con una parabola che certamente abbiamo ascoltato almeno una volta… la preghiera del fariseo e dell’esattore delle tasse. Due esistenze a confronto. Uno, amato dal popolo, garante della tradizione, guida sicura per avere la certezza di un dialogo con Dio; l’altro odiato amico degli oppressori, non considerato parte degli eletti e ritenuto certamente rifiutato dal Signore. Ma, come sempre accade con Gesù, le logiche del mondo sono rovesciate.

Se nelle scorse domeniche abbiamo visto come la preghiera debba essere ringraziamento – vedi l’episodio dei dieci lebbrosi – e debba partire da un cuore affiatato e insistente – come la vedova che si rivolge al giudice ingiusto –, oggi notiamo come la preghiera vera parta dalla disposizione umile del cuore. È dalla coscienza di essere piccoli e deboli che si avvia un dialogo
con Lui! Non sono di certo gli innumerevoli gesti devozionali del fariseo ad assicurargli l’ascolto di Dio, ma una semplice quanto toccante frase del pubblicano: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.

Potenza della Grazia di Dio! Egli non cambia opinione su di noi in base a quello che facciamo. Essere cristiani e frequentare una parrocchia o un movimento non è garanzia del fatto che si stia compiendo un cammino di fede autentico. È il contatto con Lui che ci rende vivi, è la sua forza che ci dà il coraggio di affrontare le sfide che la vita ci pone davanti ogni giorno.
Ed è proprio l’atteggiamento di cui si parla anche nella prima lettura tratta dal libro del Siracide che ci viene richiesto, perché “la preghiera del povero attraversa le nubi”…punta dritta al cuore di Dio! E quale buon padre non si commuove o mobilita alle richieste affettuose dei suoi figli? È proprio con questa coscienza che Paolo, nel passo della lettera a Timoteo che leggiamo in
questa liturgia, può tranquillamente affermare che ha combattuto “la buona battaglia” conservando la fede e la certezza del fatto che Dio non lo ha mai abbandonato né mai lo farà!

Oggi la Parola, come sempre d’altronde, richiede un serio esame di noi stessi…quante volte rimproveriamo ad altri errori che, in un modo o nell’altro, noi stessi commettiamo! Quanto ci è vicino il fariseo di questa parabola! E quanto lo è anche il pubblicano…si direbbe quasi che tutti e due convivono in noi.

Davanti al Signore siamo piccole creature bisognose di tutto…interroghiamoci seriamente su quello che oggi la Parola vuole dirci. Facciamo nostra l’invocazione del pubblicano, portiamola nel nostro cuore, ripetiamola spesso, facciamo in modo che quasi si confonda col nostro respiro, che diventi parte di noi…il Signore non mancherà di volgere su di noi il suo sguardo commosso e affettuoso.

E tutta la nostra vita sarà un’esclamazione di ciò che dice il salmista: “Benedirò il Signore in ogni tempo!”