V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO anno B I frutti del discepolo

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V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO anno B I frutti del discepolo

V Domenica di Pasqua anno B – Giovanni 15, 1-8

I FRUTTI DEL DISCEPOLO

XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO anno B

P. Renato de Souza,dje1

Il brano che ci presenta la liturgia di questa quinta domenica di Pasqua (Gv 15,1-8), è significativo, in quanto Gesù rivela la sua identità, chiarisce la sua relazione con il Padre ed esorta i discepoli. Con questa domenica siamo già alla fine del tempo pasquale e ci avviciniamo di più alle solennità del Signore, l’Ascensione, Pentecoste, Santissima Trinità, Corpus Domini … e la liturgia ha già superato i racconti della risurrezione passando ad uno stile di auto rivelazione del Signore Gesù.

La domenica scorsa, IV di Pasqua, Lui si è rivelato come il Buon Pastore; e in questa domenica come la vera vite. Molto eloquente quest’immagine della vite-vigna usata da Gesù, anche perché viene molto usata nell’Antico testamento ed è uno dei simboli preferiti per indicare il popolo eletto.

Gesù è la vera vite che dà la vita, egli è vigna fedele che ha corrisposto alle cure di Dio, producendo il vino eccellente della fedeltà all’Alleanza, Egli, Gesù, è la sorgente della piena rivelazione, il mediatore che muore per i suoi nella pienezza dell’amore. Il rapporto di Gesù con il Padre è così stretto che risulta difficile pensare a un distacco. Si percepisce quasi una necessità reciproca, la vite ha bisogno dell’agricoltore e per sua volta, l’agricoltore ha bisogno della vite. Per dire che con lo Spirito Santo sono strettamente legati, senza confusione e senza separazione. È una unione vissuta nell’amore e nell’obbedienza tra il Figlio e il Padre.

Il legame di amore che unisce Gesù al Padre fonda la comunione dei discepoli tra loro e di questi con Gesù. Ma l’allegoria non finisce qui. Gesù utilizza l’immagine della vite e dei tralci, legati ad essa, per evidenziare il legame tra Gesù e i discepoli, che traggono da lui la vita divina. Conosciamo bene il lavoro del vignaiuolo che di inverno taglia i rami infruttuosi ed inutili e in primavera li pota perché siano più vigorosi. Questa immagine della potatura allude all’azione di Dio. Il ramo da rimuovere si riferisce al discepolo che non è in Cristo Gesù e quindi non porta frutto. La condizione per portare frutto dipende dall’inserzione nel ceppo, vuol dire che dipende dall’unione personale e vitale con Gesù. Dunque, si è fecondo o sterile nella misura in cui il discepolo vive in unità al suo Signore.

Nella vita spirituale esiste una “legge fondamentale” che il brano di Giovanni sottolinea nel quinto versetto: “Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5). Rimanere in Cristo per portare frutto, questa è la legge. È chiarissima la conclusione chi rimane in Gesù produce frutti di vita, chi si stacca inaridisce e muore. Cristo Gesù è l’unico Signore e centro della vita dell’uomo; la non-unione con lui è destinata ad una radicale sterilità. Come non è possibile una esistenza umana senza riferimento a Dio e al trascendente, così non è possibile una autentica vita cristiana senza un suo radicamento nella fede in Gesù e una obbedienza alla sua Parola.

Il discepolo e la comunità cristiana che, rimanendo legata al Signore, osserva la sua Parola, otterrà un altro frutto salutare: ogni preghiera verrà accolta proprio in forza dell’intima comunione di vita tra Cristo ed i suoi.


1 Padre Renato de Souza è sacerdote e membro della comunità religiosa dei Discepoli di Gesù Eucaristico.

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