“Fratelli [e sorelle] tutti”,
ho pensato di mettere per iscritto – rivolgendomi a voi con il saluto con cui Papa Francesco apre l’Enciclica da Lui firmata il 3 ottobre u.s. ad Assisi, sulla tomba di San Francesco – qualche mio pensiero in occasione del tempo dell’Avvento, inizio di un nuovo anno liturgico, che – attraverso quattro settimane – conduce immediatamente la Chiesa al Natale e invita noi, discepoli del Signore, a camminare nel tempo e nella storia, per andarGli incontro ed invocare la Sua venuta.
Un cammino che il santo vescovo Agostino, rivolgendosi alla sua Comunità, descriveva così: “Canta come cantano i viandanti, canta e cammina! Non per cullare l’inerzia, ma per sostenere lo sforzo. Canta e cammina! Senza smarrirti, senza indietreggiare, senza fermarti. Canta e cammina!” (Discorsi, 256, 3).
Qualcuno di voi, leggendo queste parole potrà obiettare – e con giusta ragione – che in questi giorni, sofferti e difficili del coronavirus, non è poi così facile “camminare e cantare”, perché sembra essersi fatto, e non da oggi, molto buio su questo nostro mondo.
“Questa pandemia – scriveva Papa Francesco il 13 giugno u.s. nel suo Messaggio per la IV Giornata Mondiale dei Poveri, che abbiamo celebrato il 15 novembre u.s. – è giunta all’improvviso e ci ha colto impreparati, lasciando un grande senso di disorientamento e impotenza. […] Ci sentiamo più poveri e più deboli perché abbiamo sperimentato il senso del limite e la restrizione della libertà. La perdita del lavoro, degli affetti più cari […] e abbiamo scoperto di avere paura”.
Parole attualissime, in questi giorni nei quali stiamo rivivendo queste sensazioni, alle prese poi con i nostri occhi attratti dai colori di Speranza (alludo, scherzosamente, al Ministro, che ha verniciato l’Italia di rosso, arancione e giallo!), che rischiano davvero di chiudere il cuore alla speranza di giorni migliori. Anche le nostre Comunità ecclesiali stanno attraversando momenti nei quali – con tante attività “sospese”, con celebrazioni liturgiche colme di silenzio, con tante sorelle e fratelli vittime del contagio o allettati negli ospedali (pensiamo al “Perinei” e al “Miulli”) o ospitati nelle case per anziani e nelle RSA (tanti anche nel nostro territorio diocesano) o in casa, con alcuni nostri sacerdoti anch’essi risultati “positivi” – sorge spontanea la domanda: “E noi, che cosa dobbiamo fare?” (Lc 3, 14).
Sorelle e fratelli, la risposta ci viene da questo tempo di Avvento: un tempo in cui invocare dal Signore che il cielo torni ad essere sereno e appaia prodigiosamente, come dopo una bufera di pioggia e di vento portata da nuvole nere, un arcobaleno con i colori della speranza!
Per noi, cristiani, significherà innanzitutto “dare ragione della speranza che è in noi” (cf. 1Pt 3, 15), che è Cristo con la Sua luce: Lui, “sole di giustizia” e “luce del mondo”, eviterà, a chi crede in Lui, di cadere nell’oscurità.
“Promuovere l’Avvento – scriveva don Tonino Bello – è optare per l’inedito, accogliere la diversità come gemma di un fiore nuovo, come primizia di un tempo nuovo”. E noi, come Comunità ecclesiale diocesana, siamo chiamati a “promuovere” questo Avvento, colorando di speranza tutta la vita cristiana, non cedendo alla paura e allo scoraggiamento, ma rinsaldando innanzitutto le nostre relazioni, per essere “un cuore solo e un’anima sola” (At 4, 32)!. È importante, infatti, il nostro stare insieme; non importa se “in presenza” o attraverso quelle forme di comunicazione “a distanza” con le quali, sia pur gradualmente e talvolta faticosamente, stiamo prendendo confidenza.
Saranno giorni, quelli dell’Avvento, in cui saremo particolarmente “vigilanti nella preghiera”, non solamente nelle nostre chiese, ma soprattutto nelle nostre case e nelle nostre famiglie, riscoprendo – con quella “fantasia pastorale” che i catechisti e gli animatori liturgici, con il proprio parroco, suggeriranno – la dimensione domestica della catechesi e della preghiera. La novena dell’Immacolata e, in particolare, quella del Natale costituiranno appuntamenti e momenti da saper cogliere e vivere con gioia. Raccomando un’attenzione particolare agli adolescenti e ai giovani! Non posso che incoraggiare a dare continuità a questi nuovi e inediti percorsi di annuncio del Vangelo e ringraziare quanti, come operatori pastorali, si stanno impegnando perché la vita della Comunità non conosca pause o dimenticanze o assenze o lontananze pericolose.
Saranno giorni, quelli dell’Avvento, in cui saremo chiamati ad essere “operosi nella carità”, per una carità che ci richiami a “tendere la mano al povero” (cf. Sir 7, 32), per diventare ogni giorno di più “una Chiesa evangelizzatrice e attenta ai poveri”. È questo il cammino che ci attende in questo nuovo Anno Pastorale 2020-2021, per una carità che deve colorarsi innanzitutto di solidarietà e di vicinanza alle persone ammalate: a ciascuno di loro giunga il nostro abbraccio, anche se a distanza, così come il nostro grazie a quanti – come medici e infermieri – se ne stanno prendendo cura.
Una carità che continuerà a non far mancare – attraverso quelle opere-segno che la Caritas Diocesana ha messo a servizio di persone e di famiglie in difficoltà (le Caritas parrocchiali, le mense, gli empori della carità, il centro per l’accoglienza notturna) – la propria attenzione a sorelle e fratelli che hanno bisogno di Comunità ecclesiali “buoni samaritani”. A questo proposito, desidero ringraziare i Presbiteri e, in particolare, le volontarie e i volontari (nella speranza che siano sempre più numerosi e affiancati dai giovani), che donano un po’ del loro tempo per questa speciale relazione di fraternità, nonché quanti – con la loro generosità – donano generi alimentari o offerte in denaro, perché nessuno si senta solo, emarginato o abbandonato!
“Vigilanti nella preghiera e operosi nella carità”, dunque, per “promuovere” l’Avvento e prepararsi cristianamente al Natale, ma anche disponibili ad essere collaborativi e obbedienti a coloro che hanno la responsabilità civile delle nostre Comunità (mi riferisco, in particolar modo, ai nostri Sindaci e alle Forze dell’ordine), chiamati a far osservare disposizioni e comportamenti, che sono stati indicati per sconfiggere questo invisibile ma pericolosissimo virus.
E così, la speranza infonderà forza e coraggio, rivestirà con i suoi colori il presente e i giorni avvenire e accompagnerà sicuramente i passi di questa nostra umanità sui sentieri della giustizia e della pace, per “un cielo nuovo e una terra nuova” (Ap 21, 1)!
“Fratelli [e sorelle] tutti”, un grande abbraccio, una speciale benedizione ed un augurio di Buon Avvento!
+ Giovanni, vescovo