XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO anno B, Chi sei, Signore Gesù?

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XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO anno B, Chi sei, Signore Gesù?

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO anno B- Mc 8,27-35

Chi sei, Signore Gesù?

In apertura del Vangelo di Marco al primo versetto troviamo scritto: «Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio» (1,1). I due appellativi con cui viene qualificato Gesù guidano la scansione di tutto il racconto e dividono in due il libro. La prima parte del Vangelo di Marco contiene una serie di interrogativi sulla persona di Gesù e termina con la risposta di Pietro: “«Tu sei il Cristo» (8,29). A partire da questo momento iniziano gli annunci della passione che culminano nell’affermazione del centurione pagano sotto la croce: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio» (15,39). Nella prima parte si cerca di cogliere Gesù partendo da quanto Israele conosceva e attendeva, la seconda, invece, mostra che Dio adempie le promesse e le supera, andando sempre oltre a quello che gli uomini si aspettano. Al centro vi è sempre il mistero di Gesù, la sua vera e profonda identità. La domanda cui Marco vuole rispondere è “Chi è Gesù?” e la risposta la si scoprirà pian piano lungo tutta la narrazione. Dopo la professione di fede di san Pietro, Gesù sposta l’attenzione non più su chi è Lui, ma su come Egli procurerà agli uomini questa salvezza, cioè attraverso la sofferenza.

«Il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere» ( 8,31 ). Il contenuto di questa istruzione di Gesù non è facile da accettare né per Pietro e gli altri Apostoli allora, né per noi oggi.

Pietro, che poco prima si era incaricato di rispondere alla domanda di Gesù a nome di tutti gli altri, sùbito dopo prende l’iniziativa di contrastare le previsioni del Signore. Dobbiamo immaginare il piccolo gruppo in viaggio con Gesù in testa. Mentre camminano il Maestro insegna le cose che abbiamo detto, ma Pietro supera il Signore, Gli si mette davanti, Gli impedisce di proseguire e inizia a discutere animatamente con Lui. Gesù è davanti e guarda dritto, come ci fa capire l’Evangelista Marco, così, ad un certo punto, Egli si volta verso i restanti discepoli e rimproverando Pietro gli ordina di tornare al suo posto: «Va’ dietro a me, perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». (v.33). Gesù aggiunge un appellativo nei confronti di Pietro da non intendere come un improperio, ma come avvertimento: “Va’ dietro a me, Satana!”. Pietro in quel momento svolgeva la parte del tentatore, di colui che mette alla prova, con il proposito di sviare dalla volontà di Dio. La fede di san Pietro era giusta, ma imperfetta. Anche Pietro aveva bisogno di convertirsi, ossia proprio di cambiare posizione e di ritornare nel ruolo di discepolo, abbandonando il posto di comando che aveva usurpato al suo Signore.

La reazione di Pietro conferma, inoltre, un tema importante: ad ogni annuncio di Gesù circa il suo destino messianico corrisponde la reazione negativa degli apostoli. Questo, tuttavia, offre a Gesù lo spunto per dichiarare davanti a loro e alla gente circostante le condizioni fondamentali per seguirlo:

«Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (v.34). Sapere tutto della fede cristiana non vuol dire essere credenti. ” Sono le condizioni scaturenti dalla volontà de Padre e che Gesù rivolge ai suoi discepoli e, attraverso loro, anche a noi. Con la prima condizione (rinneghi se stesso) Gesù chiede una totale sottomissione al Padre con la conseguente somiglianza al Figlio. Con la seconda condizione (prenda la sua croce) Gesù chiede al discepolo di affrontare le persecuzioni, l’opposizione dell’opinione pubblica, l’emarginazione sociale così come

 

è accaduto a lui. La terza condizione ( mi segua) richiede, per il discepolo, la perseveranza e la concretezza della sequela.

Se la fede non è seguita dalle opere «è morta in se stessa» conclude san Giacomo nella seconda lettura. Immediatamente dopo la lettera continua: «Tu credi che c’è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano! », ma non si salvano, perché manca loro l’amore.

La fede cristiana è fatta per essere vissuta e questo perché per primo il suo fondatore non l’ha soltanto predicata, ma l’ha attuata e al prezzo della vita. Nei rapporti con le altre religioni il dialogo può essere utile, ma non è decisivo. Non è a livello mentale che si decide della bontà di una religione, ma su quello della vita concreta.

Quando preannuncia la propria passione a Pietro e agli altri Apostoli Gesù non presenta la sua sorte come un destino inevitabile e catastrofico, ma come la via che il Padre tracciava per la salvezza degli uomini.

Ed aggiunge che pure i suoi discepoli, quelli degni di questo nome, percorreranno la sua stessa via, e potranno farlo se la accetteranno liberamente per amore suo e del Regno di Dio. «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà!» (v.35).

Non basta essere cristiani solo in chiesa o solo la domenica o solo quando ci si trova assieme ad altri cristiani. Gesù è venuto per cambiare la vita di quelli che credono in Lui e un cristiano non può non confrontarsi con Lui sia quando si tratta delle scelte grandi sia nelle piccole questioni di ogni giorno.

È con la tutta la sua vita che il cristiano dimostra la sua fede.

 

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