Pax Christi, Ricchiuti: «La voce del popolo per la pace va ascoltata»

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«Ci sentiamo come l’atleta che ha appena tagliato un traguardo, dopo un cammino lungo e faticoso. Una sensazione positiva, ma che non nasconde le sfide che ci attendono dal 22 gennaio, quando il trattato entrerà in vigore». Monsignor Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi Italia, saluta con gioia quella che è «una pietra miliare» per il movimento pacifista, ma non indugia in trionfalismi. La strada da percorre è ancora molta.

L’arcivescovo di Altamura–Gravina–Acquaviva delle Fonti ricorda un sondaggio del 2019 secondo cui il 70% degli italiani è favorevole all’adesione del Trattato e il 60% vorrebbe eliminare le testate nucleari statunitensi dal nostro territorio. «Il mondo della politica italiana, con onestà, non può ignorare tutto questo: il 4 agosto come Pax Christi abbiamo incontrato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Ora, più che mai questa voce del popolo per la pace va ascoltata ». È il frutto di un lavoro «efficace, silenzioso e fecondo» di formazione delle coscienze che «ora chiede alla politica italiana di firmare subito questo trattato».

Il ricordo si monsignor Ricchiuti va ai 18 anni da parroco a Bisceglie, a partire dai lontani anni ‘80: «Allora molti ragazzi del gruppo giovani maturarono con me la scelta dell’obiezione di coscienza». Un cammino percorso da tanti, «non per antiamericanismo, ma semmai per denunciare la debolezza dell’Onu» rispetto ai veti delle superpotenze, mentre la politica italiana «è ancora succube di un progetto che vede gli F 35 partecipare ad esercitazioni di una Nato che, quando sorse, aveva tutt’altra finalità». Serviranno nuove pressioni, nuove campagne per giungere anche in Italia alla firma del trattato, «eppure il 15 agosto l’editoriale del cardinale Gualtiero Bassetti su Avvenire, che riprendeva l’intervento di Pax Christi international pochi giorni dopo il 75esimo anniversario di Hiroshima, era molto chiaro: possibile che nessuno lo ascolti?». Non solo «proclami» o «grandi architetture», per procedere servono anche «artigiani di pace e gesti concreti e quotidiani».

Un programma per il futuro, per il presidente di Pax Christi, è il discorso di Papa Francesco per i 75 anni della Fao in cui si chiede di istituite, con i soldi che si usano per le armi un «fondo mondiale per sconfiggere la fame» e aiutare lo sviluppo dei Paesi più poveri. E in tempo di pandemia «come non gridare allo scandalo per un bilancio annuale Nato che vede impegnare somme di circa 1.000 miliardi di dollari, a fronte di una situazione mondiale di drammatiche ingiustizie sociali e di devastazione ambientale, causata dai vari conflitti e dagli esperimenti nucleari?». Una notizia, giunta a Pax Christi da un partito politico, riferisce che il “Recovery fund”, destinerà 30 miliardi per le spese militari: «Se fosse vero, allora, non per correggere il Papa, ma è vero che, come dice un missionario mio amico, viaggiamo in un mare in tempesta su barche diverse: i poveri, gli oppressi su scialuppe, altri in navi da crociera chi attraversano tranquilli la tempesta. Mentre gridiamo per la pace, dobbiamo lottare per la giustizia».

(Fonte: Avvenire, 29-10-2020)

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