Altamura. Veglia Pasquale, Mons. Russo: «Gesù è l’alfa e l’omega, è il Signore della storia»

GIUSEPPE RUSSO

VESCOVO DI

ALTAMURA-GRAVINA-ACQUAVIVA DELLE FONTI

OMELIA
SOLENNE VEGLIA PASQUALE
Cattedrale “Santa Maria Assunta” in Altamura

30 marzo 2024

Rm 6,3-11;
Slm 117;
Mc 16,1-7.

«Così, mediante il battesimo, gli uomini vengono inseriti nel mistero pasquale di Cristo: con lui morti, sepolti e risuscitati, ricevono lo Spirito dei figli adottivi, «che ci fa esclamare: Abba, Padre» (Rm 8,15), e diventano quei veri adoratori che il Padre ricerca. Allo stesso modo, ogni volta che essi mangiano la cena del Signore, ne proclamano la morte fino a quando egli verrà.»
Così la Sacrosantum concilium, al n. 6., in maniera così autorevole e fondante ci dice tutto sul mistero pasquale, sul suo significato, sulla sua importanza, sulla sua forza rigeneratrice.

Il mistero pasquale gronda sangue, sangue profumato di amore incondizionato da parte di un Dio che non si è scandalizzato di perdonare, amare e servire chi lo aveva respinto preferendogli sé stesso e la propria smania di potere, di successo, di possesso. Il mistero pasquale gronda sangue di misericordia, di fiducia infinita da parte di un Dio che non smette di credere che l’umanità possa aprire gli occhi della fede, riconoscere di essere amata da sempre e desiderare a sua volta di amare.

Perché, fratelli e sorelle, è l’amore che regge il mondo e che dà senso pieno e ultimo alla realtà e al fatto che ‘esiste qualcosa piuttosto che il nulla’. La liturgia del fuoco che abbiamo vissuto all’inizio di questa veglia – la madre di tutte le veglie – ha gridato con forza nel nostro cuore che Cristo è la nostra luce, è la luce delle nostre vite, delle nostre persone; è lui il fuoco nuovo che alimenta il nuovo cero pasquale, quel cero a cui attingeranno luce i nuovi fratelli che fra poco riceveranno la Grazia.

Gesù, come abbiamo ascoltato, è l’alfa e l’omega, è il Signore della storia. Il Risorto, con i segni della passione ancora e per sempre impressi, appartiene a noi, ancora, ma ormai appartiene definitivamente a Dio. Al contrario, noi siamo ancora ‘terra’, precarietà, storia, ma in lui siamo già risorti, in attesa della definitiva appartenenza a Dio. La nostra storia è sacra, è preziosa ai suoi occhi. Non si getta via niente!

Non abbiamo nulla di cui pentirci, se non il peccato. Anche i nostri errori e i nostri fallimenti hanno il loro valore per il presente e soprattutto per il futuro. Nessuno ha mai dichiarato che dobbiamo essere perfetti e impeccabili (“Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi” 1Gv 1,8). Nessuno ha mai detto o preteso che noi dovessimo essere angeli!

Siamo così, pieni di contraddizioni e di debolezze. La nostra umanità non sempre brilla per altruismo e generosità, piuttosto soffre egoismo e pigrizia. Siamo spesso freddi, insensibili, distaccati, incapaci di relazionarci con gli altri. Ma Cristo è il nuovo fuoco, anche quest’anno. È fuoco nuovo per noi, non per sé stesso. Se lo vogliamo, possiamo lasciarci toccare e rinasceremo, come fra poco rinasceranno questi nostri fratelli per la forza del Battesimo.

Se lo vogliamo, quel fuoco santo può bruciare non solo i nostri peccati, ma le nostre inerzie, le nostre diffidenze, le nostre paure. Noi, però, facciamo la nostra parte. Deponiamo la veste dell’ipocrisia, che ci rinchiude nella prigione dell’apparire bravi, buoni e belli ad ogni costo. La veste dell’indifferenza, che ci rende insensibili. La veste dell’autoreferenzialità, che ci isola e ci impedisce di accorgerci dell’altro. La veste dell’egoismo, che rende impossibili le relazioni autentiche e, prima o poi, ci fa scoprire la nostra povertà e ci deprime.

Che questa pasqua possa segnare realmente un nuovo inizio. Sogno una Chiesa desta anche se fragile; una Chiesa che non si accontenti, che corri – come corsero al sepolcro le donne e gli apostoli -; una Chiesa matura, non più imbrigliata nella rete della routine o di sciocchi campanilismi autoreferenziali; una Chiesa che sappia fare autocritica per avviare un cammino più evangelico; una Chiesa che ridivenga profetica, che ritorni ad una parola efficace perché vera, scomoda, coraggiosa, evangelica. Ed infine una Chiesa che divenga attrattiva per la duplice capacità di fare
discernimento e di vivere la comunione.

La comunione non è un’utopia, non è un lusso e non è un azzardo. La comunione è possibile, e soprattutto la comunione è un dovere morale, è Vangelo, è la cifra significativa della nostra identità, è il cuore della nostra esistenza ecclesiale.

Gesù ha pregato per i suoi, prima di entrare nella grande sua passione: “Tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). Non vanifichiamo la preghiera di Gesù, diveniamone compimento per renderlo credibile agli occhi del mondo. Maria, madre della Chiesa, ci accompagni in questa rinascita del cuore, della fede, della vita di ognuno di noi e delle nostre comunità.

 

 

 

 Giuseppe Russo
Vescovo

 

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